Il tartufo bio

Nel mondo del tartufo la coltivazione biologica rappresenta una novità, in quanto se è vero che da una parte il tartufo fresco è di per sé bio, dall’altra bisogna considerare la zona di provenienza dello stesso. Più nello specifico, essendo un fungo ipogeo, è in grado di assorbire sostanze di vario tipo che si trovano nel terreno (come una spugna), ponendosi quindi la questione di quale sia la zona di origine e del rischio di possibili contaminazioni. Di fatto, nel passato si sono già avuti casi di ritrovamenti in natura di tartufi in aree inquinate, sia nel territorio italiano che all’estero. Per questo motivo è importante avere un prodotto di cui si possa tracciare la filiera.

La questione della tracciabilità dei prodotti alimentari sta assumendo negli ultimi anni un ruolo centrale, il consumatore deve essere messo a conoscenza di tutte le fasi che hanno coinvolto un determinato prodotto, dalla produzione, alla trasformazione, alla vendita. La certificazione bio permette di identificare la singola particella di produzione del tartufo (si fa riferimento alle tartufaie naturali controllate o create ex novo) a seconda della specie e del periodo. Del resto, il mercato del tartufo è cambiato molto negli ultimi anni, ai paesi come l’Italia e la Francia, riconosciuti come gli unici produttori di tartufo, si sono aggiunte (complici le mutazioni climatiche) altre zone nel mondo.

Così, le problematiche relative ai tartufi importati dall’estero in Italia, sono di duplice natura: da una parte si introducono specie non commestibili, dall’altra, nei casi in cui si tratta di specie commerciabili, sorgono dei problemi di qualità, in quanto il prodotto risulta inferiore dal punto di vista delle proprietà organolettiche senza considerare poi la salubrità e il rispetto delle normative sanitarie. Nello specifico, non si può negare che il clima e la terra danno al tartufo profumi unici che non ritroviamo in altre zone; se quindi apparentemente il tartufo sembra lo stesso, in realtà la consistenza, l’aroma che emana e la durata in frigorifero non sono paragonabili al tartufo italiano.

Per l’aspetto delle normative sanitarie, l’Italia ha adottato protocolli comunitari che garantiscono il rispetto di piani di autocontrollo e tutta una serie di norme igienico-sanitarie, non si può dire lo stesso per altri paesi. La provenienza non certificata del tartufo può inoltre essere portatrice di parassiti o batteri patogeni, aggiungendo che il prodotto viene spesso importato illegalmente stipato in navi, tir ecc.

In conclusione

La certificazione biologica del tartufo è un attestato che qualifica maggiormente il prodotto, il quale deve essere valorizzato e tutelato, oltre che a livello locale, anche in funzione del turismo, perché i clienti sono sempre più alla ricerca delle migliori produzioni enogastronomiche.